Il no della Cassazione al detenuto attore, "non può recitare fuori dal carcere"

Scritto il 13/10/2025
da agi

AGI - Giusto negare la concessione del permesso al detenuto attore che chiedeva di poter uscire dal carcere, scortato dagli agenti della penitenziaria, per recitare in uno spettacolo. La Cassazione ha annullato nei giorni scorsi l'ordinanza con la quale, al contrario, un giudice del Tribunale della Sorveglianza di Milano aveva concesso il via libera per farlo salire sul palco con la sua compagnia teatrale.

Dalla vicenda è emersa una diversa visione tra la Suprema Corte, che ha accolto il ricorso della Procura Generale milanese, e il tribunale della Sorveglianza che aveva acconsentito alla richiesta del carcerato, detenuto per reati ostativi, "nell'obiettivo d'integrazione tra il carcere e la comunità esterna e la valorizzazione del percorso creativo e artistico del detenuto". Nessun pericolo per la sicurezza, aveva scritto il Tribunale, vista la presenza degli agenti e d'altra parte il sì all'uomo rispondeva a una "finalità di umanizzazione della pena".

Ma la Suprema Corte ha portato avanti un ragionamento diverso. "È ben vero - argomentano gli 'ermellini' nella pronuncia letta dall'AGI - che il permesso di necessità viene talvolta inquadrato come un beneficio di eccezionale applicazione rispondente a finalità di umanizzazione della pena e non invece come un istituto di natura trattamentale" ma questa possibilità deve essere in qualche modo riconducibile "al verificarsi di situazioni di particolare gravità che riguardano la sfera personale e familiare del detenuto".

Gli ostacoli all'integrazione e l'annullamento

L'"utilizzazione del permesso di necessità per la finalità, certamente commendevole, del perseguimento della concreta espansione della sfera rieducativa e della compiuta risocializzazione del condannato detenuto" incontra, per la Cassazione, "decisivi ostacoli" nell'ordinamento penitenziario. La conseguenza è l'annullamento del provvedimento del giudice della Sorveglianza e di quello successivo del Tribunale della Sorveglianza che aveva respinto il reclamo del pubblico ministero, poi a sua volta impugnato dalla Procura Generale.